Il nostro calcio, quello vero (di C. Lifrieri)

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articolo di Cristiano Lifrieri

Quante volte ci siamo sentiti ripetere la frase: «Ma chi te la fa fare?» quante altre lo abbiamo ripetuto a noi stessi; ma tutto ciò non ha importanza. “Abbiamo preso una parola ad inizio anno” ci ripetiamo; “dobbiamo rispettarla e mantenerla”, non si molla! In realtà lo sappiamo tutti, è solo una scusa da dare agli altri, un motivo per non mollare e per continuare ad allenarci, per continuare a vivere lo spirito dello spogliatoio, quel gruppo che puntualmente si trasforma in una vera e propria famiglia, con persone che fino a qualche mese prima neanche ci si conosceva e che qualche mese dopo diventano sotto una teoria ancora tutta da decifrare, fratelli da difendere dopo ogni contrasto duro.

(il gruppo dei Rangers Corigliano dopo una vittoria)

 

articolo di Cristiano Lifrieri

Quante volte ci siamo sentiti ripetere la frase: «Ma chi te la fa fare?» quante altre lo abbiamo ripetuto a noi stessi; ma tutto ciò non ha importanza. “Abbiamo preso una parola ad inizio anno” ci ripetiamo; “dobbiamo rispettarla e mantenerla”, non si molla! In realtà lo sappiamo tutti, è solo una scusa da dare agli altri, un motivo per non mollare e per continuare ad allenarci, per continuare a vivere lo spirito dello spogliatoio, quel gruppo che puntualmente si trasforma in una vera e propria famiglia, con persone che fino a qualche mese prima neanche ci si conosceva e che qualche mese dopo diventano sotto una teoria ancora tutta da decifrare, fratelli da difendere dopo ogni contrasto duro.

(il gruppo dei Rangers Corigliano dopo una vittoria)

Il torello prima della seduta di allenamento è d’obbligo, “Il più piccolo va al centro”, il tunnel vale il doppio giro; poi il fischio dell’allenatore, si inizia a correre ed a sudare, “Mister stasera partitella” ripete il meno volenteroso, qualche tecnico più impavido arriva già in tenuta da gioco, pronto a buttarsi nella mischia insieme ai suoi allievi. La partita finale si trasforma in pochi minuti nella partita della vita, “Chi perde paga da bere”. Finita!! Quasi sempre vince l’allenatore che puntualmente fa anche da arbitro. Via sotto le docce e di corsa alla birra post allenamento. Poi arriva il giorno fatidico, quella della gara. Che sia una domenica o uno squallidissimo turno infrasettimanale o di recupero non conta. . Giornate intere passate fuori casa, lontano dalle mogli e dai figli. “Scarpe con tacchetti gommati o chiodate?” portiamo entrambe non si sa mai; la tensione è a mille, tutti puntuali al solito ritrovo, qualche meno fortunato stacca da lavoro e raggiunge il resto del gruppo direttamente al campo o a metà strada esausto. Vento, nebbia, pioggia, gradine non importa, se il rettangolo da gioco è in terra battuta, in erba, o addirittura con pietrisco adattato a campo da calcio ancora meno; l’allenatore schiera gli undici che scendono titolari, gli altri rimasti fuori col muso lungo, “Non vengo più” si dicono tra loro, per poi essere i primi alla seduta d’allenamento successiva. Le ultime accortezze tattiche, l’odore dell’olio canforato sale nello spogliatoio, le solite scaramanzie, la tensione cresce a vista d’occhio, poi si va in campo. Le prime scaramucce contro gli avversari, le proteste contro l’arbitro; i primi contrasti, per i difensori centrali le cicatrici sulle ginocchia sono un marchio da portare avanti con orgoglio. Sulle gradinate solitamente si arriva appena a cento spettatori, persone di ogni età, solitamente giocatori di altre squadre o ex calciatori dilettanti. In campo domina una condizione fisica precaria, ma in qualcuno si nota un talento straordinario, ragazzi che non sono riusciti a sfondare nel calcio professionistico per alcuni errori di gioventù o per semplice sfortuna. Arriva il triplice fischio, se si perde si esce a testa bassa, se arriva la vittoria invece, il viaggio di ritorno si trasforma in apoteosi. Puntuale arriva l’urlo del capitano: “Ci fermiamo al solito bar, paga il presidente” fra l’entusiasmo più totale degli altri compagni di squadra, il resto poi è storia, cascate di birra, pizzette e rustici per poi far rientro a casa a tarda sera. Questo è solo una parte del calcio dilettantistico ed in molti di voi, sono sicuro che non troveranno neanche un senso a tutto ciò, ma andate a spiegarglielo voi a tutti i dilettanti, andate a toccargliela voi la domenica calcistica.

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