Lo scalo coriglianese abbandonato a se stesso
di CRISTIANO LIFRIERI
di CRISTIANO LIFRIERI
Che si stia vivendo la più grande emergenza dal dopo guerra ad oggi è stato detto e più volte scritto. E’ doveroso concentrare l’attenzione su quella che è di fatto un’emergenza destinata a durare ancora a lungo. Gli imprevisti straordinari però non devono distogliere l’attenzione a quelle che sono le criticità ordinarie della terza città della Calabria per numero di abitanti. Che lo scalo coriglianese non sia ricco di zone verdi, parchi e giardini è, ahimè, ormai risaputo e la colpa è sicuramente di chi in passato ha preferito molto di più il cemento alla natura. Riqualificare quelle poche aree esistenti però, come la Piazza della S. Immacolata di fronte la scuola secondaria Vincenzo Tieri – ormai addirittura priva di panchine – e l’area di fianco la scuola primaria Ludovico Ariosto, sarebbe un bel colpo d’occhio per una città sempre più rassegnata ai disagi e ad una decenza urbana ormai divenuta utopistica. In tanti ricordano la fontana posta ai piedi della statua di Padre Pio, con tanto di fiori intorno, pronta a dissetare qualche passante. E come dimenticare le persone sedute sulle panchine che si godevano i raggi caldi del sole primaverile, guardando i propri figli o nipoti divertirsi giocando col pallone o rincorrendosi nelle aiuole (quando l’erba curata e tagliata permetteva di farlo). Nella città dove neanche roghi, sparizioni e omicidi smuovono le coscienze della politica – piuttosto occupati nelle varie dirette Facebook – non sarebbe una cattiva idea riqualificare quei pochi luoghi colorati della città, cercando appunto di far “apparire” il centro urbano un luogo curato e non abbandonato.